lunedì 4 aprile 2016

Quando un'insufficienza diventa valore. Avevo 5 a storia: oggi pubblico un romanzo storico.

A storia avevo la media del 5. E per un soffio non sono mai stata rimandata a settembre.
Qualche anno dopo mi sono innamorata di epoche e personaggi passati e ho scritto un romanzo. Storico.
Sarà stata una rivincita sul liceo? Può darsi che sia anche così, ma non è stato per questo che ho scritto Amyclae.
Mi sono chiesta spesso come sia stato possibile che una come me - che alle superiori i paragrafi di storia ci provava anche (qualche volta) a studiarli, ma finiva inevitabilmente a trascorrere ore facendo ghirigori sul lato del testo - abbia scritto un romanzo storico.
E in qualche modo, una spiegazione me la sono data.

Forse non tutti gli studenti possono innamorarsi della storia. Ma certamente gran parte di coloro che potrebbero appassionarvisi non potranno mai scoprirlo davanti ad un testo scolastico, con il linguaggio e il metodo di insegnamento che tutt'oggi viene usato dagli insegnanti.
Per me era terribilmente noioso. Non trovavo nulla di interessante nell'elencare i fatti, le cause e gli effetti delle azioni degli uomini o degli eventi, date, modificazione degli Stati, ecc.
L'effetto che avevano su di me era terribile. Come prendere un sonnifero e obbligarmi a dover restare sveglia portando sulle spalle una trave di ferro. Ecco. Questa è la sensazione esatta: pesantezza e sonno. Una fatica enorme che tra l'altro portava a zero risultati. Naturalmente non ricordavo nulla di ciò che veniva spiegato in classe o che studiavo sui libri. Per cui l'enorme fatica che facevo non veniva nemmeno compensata dalla soddisfazione di portare a casa un bel voto.
Qualche anno dopo però ho scoperto qualcosa.
Che sembrava avere il fascino di una favola. Per esempio quella dell'antica e leggendaria città di Amyclae. 
E ho deciso che volevo saperne di più. Volevo conoscere la storia di coloro che forse l'avevano costruita e vissuta. Di quelli che ne avevano scritto, fungendo da testimoni per noi.
Mi sono innamorata delle vite degli uomini che hanno attraversato gli anni passati, delle loro passioni, delle loro guerre, dei loro costumi.
Li ho osservati da vicino. Li ho immaginati vivi, combattere per i loro ideali, ribellarsi alle convenzioni del loro tempo. Perché loro sono quelli che hanno fatto lo storia. 
Sono andata ad esplorare le epoche che mi interessavano, ho scavato nelle vite, nelle abitudini quotidiane degli antenati. Ho letto biografie, romanzi, saggi monografici con una voracità impressionante.
Così, ho capito. Che le insufficienze a scuola non contano nulla. Non decidono cosa è bene o male per un ragazzo. Non devono influenzare le scelte degli studenti. Perché magari hanno solo bisogno di un metodo diverso di insegnamento. Che faccia scoprire loro davvero a cosa appassionarsi.
Eppure ancora oggi molti giovani si sentono condannati da un brutto voto. 
Insegnanti e genitori insegnano loro che andare bene a scuola significa essere bravi e accettati socialmente. 
Stronzate. 
Assecondare le proprie passioni, vivere, essere curiosi, questo rende maturi. 
Nessuno mai dovrebbe permettersi di giudicare insufficiente uno studente perché non ha studiato. Dovrebbe piuttosto chiedersi cosa lo appassiona e aiutarlo a coltivare la sua strada nel modo più adatto ai suoi bisogni. 
La scuola non può essere uguale per tutti. Ogni ragazzo ha bisogno di essere giudicato nella sua unicità. 
Questa è la differenza tra uguaglianza ed equità. 
Io ci sono arrivata tardi, ma sono l'esempio che le insufficienze scolastiche non hanno alcun potere sul nostro futuro, su ciò che desideriamo e che possiamo diventare.