venerdì 26 settembre 2014

E se qualcuno l'avesse rubata, Amyclae?

Mi son messa a leggere "Le iene del Circeo" di Antonio Pennacchi.
Che per una che si è lanciata alla ricerca di una civiltà misteriosa (fa molto Indiana Jones e quasi quasi non mi dispiace) è un bel libretto per le istruzioni. Non che sveli il segreto. È un fatto di cultura. Capisci che c'è un altro modo di vedere le cose. Che tutto è possibile. E allora ci credi.
Lui scrive un po' così, una scrittura orale che si fonde con il flusso di coscienza del dopo duemila. Una cosa che ti prende perché sembra che quello stia lì davanti a te a raccontartele le cose, mica dietro le pagine di un libro.

Ma torniamo a noi. E alla folle ricerca di Amyclae. Pennacchi c'entra quando dice una cosa. E cioè che chiunque voglia capire la storia della pianura pontina deve tenere in considerazione che negli anni '30 c'è stata la bonifica. E che Dio solo sa quanta roba è sparita. Reperti, rovine, intere città.

A chi interessava salvare il passato? Nessun archeologo, salvo uno, è mai andato appresso ad un operaio della bonifica. Quell'uno si chiamava Alberto Carlo Blac e grazie a lui qualcosa sappiamo. Ma vuoi mettere se tutti si fossero messi a salvare i pezzi del nostro passato?

«Neanche un cane appresso ai bonificatori, anche se Plinio il Vecchio - e loro che erano archeologi lo dovevano sapere - diceva che già ai suoi tempi c'erano 24 città scomparse, nell'area delle Paludi Pontine: "A Cerceis palus Pomptina est, quem locum XXIV urbium fuisse Mucianus ter consul prodidit". Chissà cosa deve essere venuto fuori, durante gli scavi di bonifica. Ma chi lo saprà mai più?» scrive Pennacchi a pagina 18.

Ecco, noi non lo sapremo mai. E chissà quante volte c'è stata una bonifica, quante volte si è scavato, buttato distrattamente pezzi del nostro dna.

Se Plinio diceva la verità (ma bisogna pure chiedersi se lui stesso aveva basi valide per poterlo affermare) dunque ci sarebbero ben 24 - e non una sola - città sconosciute nel passato della pianura pontina.
Magari è tutta una gran balla. Magari ci s'inventava il mito di città potenti scomparse, insediamenti greci, solo per poter competere politicamente con gli altri territori. Una cosa gli uomini si sonsempre portati dentro: quando vogliono fare i fighi s'inventano di tutto (ma tanto le donne stanno una spanna più in alto e mica si fanno fregare, fanno finta).
Ecco dunque, il gallo che gonfia il petto è uno che cerca il potere - anche politico.

E alla fine torniamo sempre lì: la bilancia è in perfetto equilibrio. Amyclae c'è stata o non c'è stata.

Però grazie al cielo inizio a vedere i fiori. E li raccolgo.
Un altro è quello della direttrice del museo archeologico di Sperlonga, Marisa De' Spagnolis.
Un bel fiore di archeologia e passione.
«Tiriamo fuori l'Ulisse che è in noi: solo così, continuando a cercare troveremo qualcosa» mi ha detto.
E allora io cerco ancora la mia Amyclae.
E pianto fiori sulla mia città.

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