lunedì 6 maggio 2013

Antonio Mattia e il finto nudo della Boldrini. Un caso politico? Una lacuna legislativa da colmare?

Antonio Mattia
«La mia idea è quella di riunificare la destra sociale, di ridare vita ad un partito che si collochi a destra del Pdl». Antonio Mattia, il giornalista indagato per la condivisione sui social network della finta foto nuda del Presidente della Camera Boldrini, non ha mai nascosto le sue idee politiche. Anzi, poco tempo fa ha iniziato ad immaginare la rifondazione di un partito di estrema destra, magari con Francesco Storace.
C'è un nesso? Vediamo di capirci qualcosa.

«Domenica - racconta il giornalista napoletano residente a Fondi - ero con dei colleghi e abbiamo deciso di fare un test su Facebook. Volevamo capire quanto gli italiani siano morbosi. Quale sarebbe stato l'effetto, cioè, che avrebbe suscitato la foto del nudo (che tutti sapevano essere un fake, tra l'altro) della Boldrini rispetto ad una, che so, di David Rossi, il responsabile comunicazione del MPS morto suicida. Ebbene le abbiamo condivise entrambe. Il risultato? Nel giro di otto ore la prima è stata condivisa 2376 volte e ha generato 116 richieste di amicizia. La seconda zero condivisioni e 3 "like"». 
Una parte della foto incriminata
C'è da dire inoltre che la foto incriminata era già presente sul web e su Facebook. «L'avevo condivisa da un altro utente» spiega.

Perché indagare chi condivide il post e non risalire a chi lo ha generato? Perché, se si segue questo criterio, non indagare almeno le altre 2376 persone che hanno fatto lo stesso?
Secondo "Repubblica" e "La Stampa" Antonio Mattia sarebbe indagato per aver travalicato «i limiti della corretta informazione, oltrepassando il legittimo diritto di cronaca e di critica giornalistica» malgrado Facebook non sia una testata giornalistica e la condivisione di un post, fortunatamente per l'ordine professionale, sia ben lontana dalla redazione di un articolo.

Ci sono tutti gli estremi, insomma, per suscitare la curiosità di chi fa questo mestiere e si pone continuamente delle domande.
Una risposta possibile, nulla più che un'ipotesi lui ce l'ha. «È possibile che qualcuno abbia deciso di monitorare le attività "filo-fasciste" sul web e di remprimerle» sostiene.
E se si trattasse davvero di una strategia repressiva, sarebbe davvero efficace? Con questo esempio dopotutto il nome di Antonio Mattia è balzato alle cronache nazionali, ha invaso tele, radiogiornali, blog e testate.
Inoltre: siamo davanti ad una questione normativa che ha bisogno di essere affrontata. 
I nuovi mezzi di comunicazione danno la possibilità a chiunque di pubblicare opinioni, contenuti e notizie, non solo ai professionisti del giornalismo. 
È necessaria una riforma della legge sul diritto di cronaca? È necessario legiferare in merito a quanto viene pubblicato sulle reti sociali e sul web? 
Non esiste alcuna regolamentazione nazionale in merito ai contenuti condivisi sulla rete. 
Il reato di diffamazione è dunque imputabile a chiunque usi i social network o solo ai giornalisti? 
È indispensabile a questo punto costruire delle risposte.






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