domenica 17 marzo 2013

Il"buonasera" di Papa Francesco è più efficace di un comunicato. È ora di riformare anche la comunicazione.


Una parola di Papa Francesco ha più presa di un comunicato stampa. Eppure il Vaticano non manca di professionisti della comunicazione, cresciuti a pane a parole.
È arrivato il momento di fare il punto sulla figura del comunicatore professionista, sul suo ruolo all'interno di un'organizzazione (in questo caso la Chiesa) e sulla reale efficacia del suo lavoro.

Papa Francesco ha dato uno schiaffo al protocollo ecclesiastico, comunicazione compresa.
I suoi "buonasera", "buona domenica e buon pranzo", "avete lavorato eh?", i suoi discorsi e le omelie a braccio conquistano più di qualsiasi strategia costruita a tavolino da un intero staff di professionisti. 

Quando, ricevendo seimila giornalisti, ha provato a leggere il discorso preparatogli da chi di dovere, non ha resistito più di due righe: ha stracciato il foglio e si è messo a parlare a cuore aperto.
Non si sentiva a suo agio con quel metodo. Perché sapeva che non era quello il modo migliore per conquistare e farsi capire dal suo pubblico.

Troppo spesso, ormai, comunicare significa semplicemente dire qualcosa, trasmettere un messaggio ben confezionato, grammaticalmente corretto e perfino adeguato al contesto. Creare un prodotto perfetto.
E la sua efficacia? A cosa serve dire qualcosa se il messaggio non è orientato all'interlocutore?

Praticamente a nulla. Lo hanno dimostrato fiumi d'inchiostro sprecato in discorsi scritti come si deve, che ostentavano una condotta impeccabile, una dignità ed un rigore che si credeva adeguati alla magnificenza della Chiesa. 
Tutte balle.
L'effetto in realtà è stato devastante. La gente invece di avvicinarsi alla Chiesa si allontanava. L'autoreferenzialità pone una barriera tra il mittente e il destinatario. Così quello che si ottiene è il contrario di ciò che si vorrebbe, ovvero comunicare

L'individuo che non è considerato parte importante e attiva in una relazione che prevede uno scambio di informazioni perde fiducia nel suo interlocutore. E quel miracolo chiamato dialogo s'interrompe.

È da quel dì che nessuno ha il coraggio di sintonizzarsi sugli interlocutori, Chiesa in primis. Qualche post fa lo avevo scritto e lo ribadisco: Ratzinger ha avviato una rivoluzione consapevole, anche di questo.

Tant'è che Francesco ha sbaragliato. È il comunicatore carismatico per eccellenza. Parla come Cristo, come il Santo d'Assisi comunicava con il creato perché percepisce i bisogni degli individui, non teme confronti e si sintonizza perfettamente con i suoi interlocutori. Sa che andare incontro alle persone non può essere pericoloso e non può portare che benefici. Per farlo, certamente, deve essersi costruito un'integrità personale non indifferente.

Questo fa di lui un esperto di comunicazione molto più scaltro e funzionale di una schiera di professionisti contemporanei. 

Cercheremo di capire nei post successivi, quali sono i vantaggi di un evento comunicativo in cui mittente e destinatario sono sintonizzati e quanto i comunicatori possono imparare dall'esempio di Papa Francesco.

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